Abitazione principale: detrazione interessi passivi mutuo ipotecario per acquisto immobile locato

L’Agenzia delle entrate provvede a fornire chiarimenti sulla possibilità di detrarre gli interessi passivi derivanti dalla stipula di un mutuo ipotecario per l’acquisto di un immobile locato da adibire ad abitazione principale (Agenzia delle entrate, risposta 23 gennaio 2024, n. 13).

L’articolo 15, comma 1, lettera b), del TUIR prevede che, in presenza di un mutuo ipotecario contratto per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale e delle sue pertinenze, spetta una detrazione dall’imposta lorda pari al 19% degli interessi passivi e dei relativi oneri accessori, nonché delle quote di rivalutazione dipendenti da clausole di indicizzazione.

 

Con la circolare n. 14/2023 l’Agenzia delle entrate ha già avuto modo di ribadire che, per i mutui stipulati dal 1993, la detrazione spetta solo in relazione alla stipula di mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto e delle sue pertinenze. Tale acquisto deve avvenire nell’anno antecedente o successivo alla stipula del mutuo; ciò significa che si può prima acquistare l’immobile ed entro un anno stipulare il contratto di mutuo, oppure prima stipulare il contratto di mutuo ed entro un anno sottoscrivere il contratto di compravendita.

 

Per i soggetti che acquistano un’unità immobiliare locata, la norma prevede che la detrazione spetti a condizione che entro 3 mesi dall’acquisto sia stato notificato al locatario l’atto di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione e che entro un anno dal rilascio l’unita immobiliare sia adibita ad abitazione principale.

 

Nel caso di specie, il contratto di locazione è stato effettuato ai sensi della Legge n. 431/1998 che all’articolo 3, comma 4, dispone che per la procedura di diniego di rinnovo si applichi l’articolo 30 della Legge n. 392/1975 (c.d. Legge sull’equo canone).

Tale articolo 30, rubricato “procedura per il rilascio“, a sua volta dispone che avvenuta la comunicazione relativa al diniego della rinnovazione del contratto alla prima scadenza, e prima della data per la quale è richiesta la disponibilità ovvero quando tale data sia trascorsa senza che il conduttore abbia rilasciato l’immobile, il locatore possa convenire in giudizio il conduttore.

 

Al riguardo, la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che l’intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione individua nella ”scadenza” del rapporto il presupposto della cessazione del vincolo da cui discende l’applicabilità del procedimento per convalida di licenza o sfratto.

 

Nella fattispecie in esame, l’istante ha utilizzato la procedura di cui al citato articolo 30 della Legge n. 392/1978, che è lo strumento processuale, specificamente previsto dall’ordinamento per i casi di diniego di rinnovazione della locazione alla prima scadenza, finalizzato ad ottenere, al pari dell’intimazione di licenza e di sfratto per finita locazione, un provvedimento costituente titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile.

 

L’Agenzia delle entrate, dunque, ritiene che l’utilizzo della procedura di rilascio non osti alla fruizione della detrazione di cui al citato articolo 15, comma 1, lett. b) del TUIR, a condizione che nel termine di “tre mesi dall’acquisto” venga esercitata la relativa azione giudiziale.

Nel caso in esame, ai fini della fruizione della detrazione, tale circostanza non risulta soddisfatta.

Dichiarazione precompilata IVA, sperimentazione anche per il 2024

Prosegue anche per il 2024 il periodo di sperimentazione della precompilata IVA, elaborata grazie ai dati acquisiti con le fatture elettroniche, con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere e con i dati dei corrispettivi telematici (Agenzia delle entrate, provvedimento 19 gennaio 2024, n. 11806).

L’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. n. 127/2015 ha previsto che, a partire dalle operazioni IVA effettuate dal 1 luglio 2021, in via sperimentale, nell’ambito di un programma di assistenza on line basato sui dati delle operazioni acquisiti con le fatture elettroniche e con le comunicazioni delle operazioni transfrontaliere nonché sui dati dei corrispettivi acquisiti telematicamente, l’Agenzia delle entrate metta a disposizione dei soggetti passivi dell’IVA residenti e stabiliti in Italia, nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia stessa, in un’apposita sezione, le bozze dei registri e le bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche dell’IVA.

 

Con il nuovo provvedimento dell’Agenzia n. 11806/2024 è stato ulteriormente esteso il periodo di sperimentazione anche al 2024, essendo stato ritenuto opportuno consolidare e arricchire i dati precompilati della platea già individuata, considerato che la stessa riguarda circa 2,4 milioni di soggetti IVA.

 

In particolare, per i soggetti che adottano il regime speciale riferito alle attività agricole, nel corso del 2023 sono state introdotte nuove funzionalità nell’applicativo web dei documenti IVA precompilati per consentire di integrare le annotazioni nei registri e determinare la corretta liquidazione dell’IVA a credito.

Il 12 dicembre 2023, inoltre, sono state pubblicate le nuove specifiche tecniche del tracciato delle fatture elettroniche (utilizzabile a partire dal 1 febbraio 2024), che consentono, per i soggetti che adottano il regime speciale riferito alle attività agricole, di indicare per ogni fattura la percentuale di compensazione, nonché gli altri dati utili a determinare l’IVA ammessa in detrazione.

Queste informazioni potranno essere utilizzate per calcolare l’ammontare dell’IVA a credito da riportare nei documenti IVA precompilati riferiti a tali soggetti.

 

Inoltre, a partire dalle operazioni effettuate dal 1 gennaio 2024, è stata resa disponibile ai soggetti destinatari dei documenti IVA precompilati e ai loro intermediari delegati un’ulteriore funzionalità che consente di scaricare in forma massiva, mediante un sistema di cooperazione applicativa, su rete internet, i seguenti documenti elaborati dall’Agenzia delle entrate:

  • bozze dei registri IVA mensili;

  • prospetti riepilogativi IVA su base mensile e trimestrale;

  • bozze delle comunicazioni delle liquidazioni periodiche;

  • bozza della dichiarazione IVA annuale.

I dati acquisiti in via automatica potranno essere importati dai soggetti IVA e dai loro intermediari nei propri sistemi gestionali oppure utilizzati per un confronto con le informazioni a loro disposizione.

 

Restano confermate le modalità di accesso all’applicativo web, le regole tecniche per l’elaborazione delle bozze dei documenti IVA, le modalità e i termini per la convalida dei registri e le connesse condizioni per la memorizzazione dei registri convalidati da parte dell’Agenzia delle entrate, disciplinate con i provvedimenti del Direttore dell’Agenzia delle entrate dell’8 luglio 2021 e del 12 gennaio 2023.

Compensazione credito IVA per società non “operative”

L’Agenzia delle entrate ha fornito chiarimenti in merito all’utilizzo in compensazione dell’eccedenza IVA a credito per le società che non hanno superato il test di operatività (Agenzia delle entrate, risposta 17 gennaio 2024, n. 10).

L’Agenzia delle entrate chiarisce che, ai sensi dell’articolo 30, comma 4, della Legge n. 724/1994, il mancato superamento del cosiddetto ”test di operatività” comporta ai fini IVA l’indisponibilità dell’eccedenza di credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale che, dunque, non può essere:

  • chiesta a rimborso;

  • utilizzata in compensazione ”orizzontale”;

  • ceduta.

Inoltre, l’eccedenza di credito IVA maturata non può essere ulteriormente riportata a scomputo dell’IVA a debito relativa ai periodi d’imposta successivi (compensazione verticale), con conseguente perdita definitiva di tale credito, qualora il contribuente sia risultato non operativo per tre periodi d’imposta consecutivi e al contempo, non abbia effettuato, in nessuno dei menzionati tre periodi d’imposta consecutivi, operazioni rilevanti ai fini dell’IVA per un importo almeno pari a quello risultante dall’applicazione delle percentuali di cui al comma 1 dell’articolo 30.

 

Nel caso di specie, la società risulta non operativa per soli due periodi e non anche per il terzo. Ricorre, infatti, una delle cause di esclusione/disapplicazione della normativa dell’articolo 30, Legge n. 724/1994.

Si tratta, in particolare, dell’esimente prevista dall’articolo 30, comma 1, n. 6sexies), che opera ex lege, nel senso che, in presenza di una o più cause di esclusione, in ogni caso e indipendentemente dal reddito conseguito, la società non potrà considerarsi non operativa, senza che il contribuente debba fornire alcuna prova contraria.

 

Dunque, il ricorrere della causa di esclusione sopra indicata, comporta, il venir meno di uno dei presupposti per la perdita definitiva del credito IVA maturato.

 

Pertanto, nel presupposto dell’effettivo ricorrere di una causa di esclusione e dell’effettiva esistenza del credito IVA, l’Agenzia ritiene che l’istante possa rigenerare il credito IVA oggetto di recupero, previo riversamento delle rate mensili.

 

Nelle istruzioni per la compilazione del Modello IVA 2023, con riferimento al rigo VL40, è chiarito che è possibile indicare l’ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d’imposta oggetto della dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell’indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili.

Quindi, limitatamente alle somme rateali effettivamente pagate ogni anno, l’istante può indicare, nel rigo VL40 della dichiarazione IVA annuale, la quota di credito IVA così ripristinata, che confluirà in tal modo nel quadro VX, ove sarà possibile chiederne il rimborso o destinarlo in detrazione e/o in compensazione.

L’utilizzo del credito resta, in ogni caso, subordinato alla preventiva esposizione nella dichiarazione annuale.

Modifiche allo statuto dei diritti del contribuente: Agenzia delle dogane e contraddittorio preventivo

Nel quadro delle modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente, l’Agenzia delle dogane fornisce chiarimenti sul principio del contraddittorio nelle procedure di controllo della dichiarazione doganale (Agenzia delle dogane, circolare 17 gennaio 2024, n. 2).

Con le modifiche allo Statuto dei diritti del contribuente, il legislatore ha inteso prevedere un più specifico e distinto obbligo al contraddittorio amministrativo introducendo l’art. 6-bis, rubricato “Principio del contraddittorio”, disponendo che tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi agli organi della giurisdizione tributaria sono preceduti, a pena di annullabilità, da un contraddittorio informato ed effettivo ai sensi del presente articolo.

Per consentire il contradditorio, l’amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto, assegnando un termine non inferiore a 60 giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. L’atto non è adottato prima della scadenza di tale termine.

 

Contestualmente è stato abrogato il comma 7 dell’articolo 12 della Legge n. 212/2000 e conseguentemente la norma di interesse per l’attività doganale laddove era previsto che per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del D.Lgs. n. 374/1990.

 

L’articolo 11 del D.Lgs. n. 374/1990, con riguardo alle operazioni di “revisioni di accertamento” dispone che dopo il rilascio al contribuente di copia del verbale delle operazioni compiute, nel quale devono essere indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche posti a base delle irregolarità, delle inesattezze, o degli errori relativi agli elementi dell’accertamento riscontrati nel corso del controllo, l’operatore interessato possa comunicare, nel termine di 30 giorni decorrenti dalla data di consegna o di avvenuta ricezione del verbale, osservazioni e richieste che sono valutate dall’Ufficio doganale prima della notifica dell’avviso di accertamento.

 

A differenza di quanto previsto in precedenza dall’abrogato comma 7 dell’articolo 12 dello Statuto dei diritti del contribuente, il nuovo articolo 6-bis dello Statuto prevede un termine non inferiore a 60 giorni per consentire al contribuente la presentazione di eventuali controdeduzioni o per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo. Il dettato, così come formulato, non contempla più esplicitamente il riferimento al termine derogatorio, di 30 giorni, previsto in materia doganale nell’art. 11 del D.Lgs. n. 374/1990.

 

In merito, tuttavia, l’Agenzia delle dogane evidenzia che le procedure di controllo doganale e, in particolare, la procedura di accertamento, sia per le operazioni cosiddette in linea che per i controlli a posteriori è regolata dalle norme del Codice doganale unionale anche per ciò che riguarda il contraddittorio e la relativa tempistica.

Tali norme unionali, dunque, prevalgono sulla disciplina nazionale.

 

Pertanto, qualora in fase di sdoganamento l’Ufficio intenda modificare in peius i dati comunicati dal dichiarante, trattandosi di una decisione sfavorevole a quest’ultimo è necessario garantire il contraddittorio. A tale fine, gli Uffici saranno tenuti a fornire all’operatore economico un termine pari a 30 giorni per l’eventuale invio di osservazioni e richieste.

Tale termine è da intendersi riferito a tutti i diritti oggetto dell’obbligazione doganale discendente dalla dichiarazione controllata stante il carattere unitario della stessa. 

 

In caso, poi, di controlli successivi all’accertamento della dichiarazione doganale, le Dogane ritengono che, pur essendo venuto meno il dettato del vigente articolo 12, comma 7 dello Statuto dei diritti del contribuente, permanga l’obbligo dell’Ufficio doganale di concedere a quest’ultimo un termine pari a 30 giorni (e non 60 come previsto dall’art. 6-bis, dello Statuto) dalla consegna o dall’avvenuta ricezione del processo verbale per la presentazione di eventuali osservazioni o richieste, con conseguente instaurazione di un contraddittorio endo-procedimentale.

Nuovi modelli di dichiarazione IVA 2024: le novità

L’Agenzia delle entrate ha approvato il modello di dichiarazione IVA/2024, con le relative istruzioni, concernente la dichiarazione relativa all’anno 2023 da presentare nel 2024 ai fini dell’IVA (Agenzia delle entrate, provvedimento 15 gennaio 2024, n. 8230).

Al fine di adeguare la struttura e il contenuto del modello di dichiarazione in materia di IVA alla vigente normativa e di semplificarne la compilazione, l’Agenzia delle entrate ha approvato, con il provvedimento n. 8230/2024, i seguenti modelli, concernenti la dichiarazione IVA relativa all’anno 2023:

  • Modello IVA/2024 composto da:

– il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;

– i quadri VA, VC, VD, VE, VF, VJ, VH, VM, VK, VN, VL, VP, VQ, VT, VX, VO, VG, VS, VV, VW, VY e VZ;

  • Modello IVA BASE/2024 composto da:

– il frontespizio, contenente anche l’informativa relativa al trattamento dei dati personali;

– i quadri VA, VE, VF, VJ, VH, VL, VP, VX e VT.

 

Inoltre, ravvisata l’opportunità di rendere disponibile una versione semplificata del modello di dichiarazione annuale da riservare ai contribuenti che nel corso dell’anno hanno determinato l’imposta secondo le regole generali previste dalla disciplina IVA, viene approvato il Modello IVA BASE/2024 che può essere utilizzato in alternativa al Modello IVA/2024.

 

Si illustrano le principali modifiche, di carattere generale, nei modelli di dichiarazione IVA/2024.

 

QUADRO VA
Nella sezione 2, è stato eliminato il rigo VA16 riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti emanati a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

QUADRO VB
Il quadro, previsto per consentire l’indicazione degli estremi identificativi dei rapporti finanziari da parte dei soggetti che intendono avvalersi della riduzione delle sanzioni prevista dall’art. 2, comma 36-vicies ter, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, è soppresso.

 

QUADRO VE
Nella sezione 1, è stata aggiunta una nuova percentuale di compensazione nel rigo VE4. In tale rigo vanno indicate le operazioni attive con percentuale di compensazione del 7%. Di conseguenza, sono stati rinumerati i righi successivi. È stato soppresso il rigo in cui andavano indicate le operazioni attive con percentuale di compensazione pari al 9,5%.

QUADRO VF
Nella sezione 1, è stata aggiunta una nuova percentuale di compensazione nel rigo VF5. In tale rigo vanno indicate le operazioni passive con percentuale di compensazione del 7%. Di conseguenza, sono stati rinumerati i righi successivi. È stato soppresso il rigo in cui andavano indicate le operazioni passive con percentuale di compensazione pari al 9,5%.

 

Nella sezione 3-A, nel rigo VF34, è stato soppresso il campo 9 riservato alle operazioni esenti di cui alla Legge n. 178/2020. Conseguentemente il campo successivo è stato rinumerato in campo 9.

 

Nella sezione 3-B, è stata aggiunta una nuova percentuale di compensazione nel rigo VF42. In tale rigo vanno indicate le operazioni con percentuale di compensazione del 7%. Di conseguenza, sono stati rinumerati i righi successivi. È stato soppresso il rigo in cui andavano indicate le operazioni con percentuale di compensazione pari al 9,5%.

 

QUADRO VL
Nella sezione 2, nel rigo VL8 è stato inserito il campo 3, per indicare l’eccedenza a credito risultante dall’ultima dichiarazione del Gruppo IVA cessato o dall’ultimo Prospetto IVA 26 PR della liquidazione IVA di gruppo cessata.

 

QUADRO VO
Nella sezione 3, nel rigo VO36, riservato ai soggetti che esercitano l’attività oleoturistica, è stata introdotta la casella per comunicare la revoca dell’opzione per il regime ordinario.

 

Prospetto IVA 26/PR

QUADRO VS
Nella sezione 2, è stato eliminato il rigo VS23, riservato ai soggetti che hanno usufruito dei provvedimenti agevolativi di sospensione dei versamenti a seguito dell’emergenza sanitaria da COVID-19.

 

QUADRO CS
Il quadro CS, previsto per consentire ai soggetti passivi del contributo straordinario di cui all’articolo 37 del decreto-legge 21 marzo 2022, n. 21, di assolvere ai relativi adempimenti dichiarativi è soppresso.

 

L’Agenzia delle entrate infine ricorda che la dichiarazione va presentare esclusivamente per via telematica nel periodo compreso tra il 1 febbraio e il 30 aprile 2024.

Agenzia delle entrate, approvata la Certificazione Unica relativa all’anno 2023

Approvata la Certificazione Unica “CU 2024”, relativa all’anno 2023, unitamente alle istruzioni per la compilazione, nonché il frontespizio per la trasmissione telematica e il quadro CT con le relative istruzioni (Agenzia delle entrate, provvedimento 15 gennaio 2024, n. 8253). 

È stata approvata la Certificazione Unica “CU 2024” da presentare all’Agenzia delle entrate entro il 16 marzo 2024, unitamente alle informazioni per il contribuente per attestare:

  • l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro dipendente, equiparati ed assimilati, corrisposti nell’anno 2023 ed assoggettati a tassazione ordinaria, a tassazione separata, a ritenuta a titolo d’imposta e ad imposta sostitutiva;

  • l’ammontare complessivo dei redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi;

  • l’ammontare complessivo delle provvigioni comunque denominate per prestazioni, anche occasionali, inerenti a rapporti di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento d’affari, corrisposte nel 2023, nonché provvigioni derivanti da vendita a domicilio assoggettate a ritenuta a titolo d’imposta;

  • l’ammontare complessivo dei compensi erogati nel 2023 a seguito di procedure di pignoramenti presso terzi;

  • l’ammontare complessivo delle somme erogate a seguito di procedure di esproprio;

  • l’ammontare complessivo dei corrispettivi erogati nel 2023 per prestazioni relative a contratti d’appalto;

  • l’ammontare complessivo delle indennità corrisposte per la cessazione di rapporti di agenzia, per la cessazione da funzioni notarili e per la cessazione dell’attività sportiva quando il rapporto di lavoro è di natura autonoma;

  • l’ammontare complessivo dei corrispettivi erogati per contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni (locazioni brevi);

  • le relative ritenute di acconto operate;

  • le detrazioni effettuate.

La Certificazione Unica viene altresì utilizzata per attestare l’ammontare dei redditi corrisposti nell’anno 2023 che non hanno concorso alla formazione del reddito imponibile ai fini fiscali e contributivi, dei dati previdenziali ed assistenziali relativi alla contribuzione versata o dovuta agli enti previdenziali.

 

La Certificazione Unica deve essere rilasciata, limitatamente ai dati previdenziali ed assistenziali relativi all’INPS, anche dai datori di lavoro non sostituti di imposta già tenuti alla presentazione delle denunce individuali delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (modello 01/M) ovvero alla presentazione del modello DAP/12 per i dirigenti di aziende industriali.

 

La Certificazione Unica rilasciata dal datore di lavoro può essere presentata dall’interessato all’INPS ai fini degli adempimenti istituzionali.

 

Qualora non venga esercitata la facoltà di opzione di cui agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. n. 461/1997, i notai, gli intermediari professionali, le società e gli enti emittenti, che comunque intervengono, anche in qualità di controparti, nelle cessioni e nelle altre operazioni che possono generare redditi diversi di natura finanziaria, rilasciano alle parti una certificazione contenente i dati identificativi del contribuente e delle operazioni effettuate. In tal caso, la certificazione deve recare l’indicazione delle generalità e del codice fiscale del contribuente, la natura, l’oggetto e la data dell’operazione, la quantità delle attività finanziarie oggetto dell’operazione, nonché gli eventuali corrispettivi, differenziali e premi.

 

Il provvedimento delle Entrate approva anche il frontespizio per la trasmissione telematica con le relative istruzioni di compilazione, riguardante i dati anagrafici del soggetto tenuto alla comunicazione dei dati contenuti nelle Certificazioni Uniche e del soggetto incaricato della trasmissione telematica.

 

Viene, inoltre, approvato il quadro “CT” con le relative istruzioni per la compilazione per indicare la sede telematica dove ricevere il flusso contenente i risultati finali delle dichiarazioni 730 (modello 730-4 e modello 730-4 integrativo) da parte del sostituto che non ha presentato l’apposita comunicazione e che trasmette almeno una certificazione relativa ai redditi di lavoro dipendente, equiparati o assimilati.

È fatto comunque obbligo ai soggetti incaricati della trasmissione telematica di rilasciare al sostituto d’imposta la Certificazione Unica.

 

La trasmissione in via telematica delle certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti o non dichiarabili mediante la dichiarazione precompilata può avvenire entro il termine di presentazione della dichiarazione dei sostituti d’imposta.

 

Nel caso in cui la certificazione attesti soltanto redditi di lavoro dipendente equiparati ed assimilati, ovvero soltanto redditi di lavoro autonomo, provvigioni e redditi diversi o soltanto compensi erogati a seguito di locazioni brevi deve essere inviata esclusivamente la parte della certificazione unica relativa alle tipologie reddituali erogate.

 

Gli invii possono essere:

ordinari;

sostitutivi;

di annullamento

 

I dati contenuti nelle comunicazioni inviate entro i termini sono utilizzati per la elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata da parte dell’Agenzia delle entrate.

Attuazione della riforma fiscale: Decreto sulla semplificazione degli adempimenti tributari

In attuazione della riforma fiscale, è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 2024, n. 9, il Decreto Legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, con la razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari.

Il D.Lgs. n. 1/2024, in vigore dal 13 gennaio 2024, è composto da 27 articoli e attua, in massima parte, i principi di delega di cui all’articolo 16, comma 1, della Legge delega n. 111/2023, che contiene principi e criteri direttivi per la revisione generale degli adempimenti tributari.

 

Di seguito si riportano alcune delle novità principali.

 

L’articolo 1 prevede, in via sperimentale, una semplificazione della dichiarazione dei redditi di dipendenti e pensionati. In sintesi, viene riconosciuta la possibilità al contribuente di accedere alle informazioni in possesso dell’Agenzia delle entrate, ai fini della predisposizione della dichiarazione, che potranno essere così confermate o modificate.

 

L’articolo 2 estende a tutte le tipologie reddituali riconducibili alle persone fisiche non titolari di partita IVA la possibilità di avvalersi nella dichiarazione dei redditi semplificata. La norma, inoltre, riconosce ai contribuenti con un sostituto d’imposta tenuto a effettuare il conguaglio, la facoltà, finora prevista solo per i contribuenti privi di sostituto d’imposta, di richiedere direttamente il rimborso IRPEF all’Agenzia delle entrate così come di effettuare i pagamenti delle imposte dovute con modello F24.

 

L’articolo 3 stabilisce l’eliminazione della Certificazione Unica relativa ai soggetti forfettari e ai soggetti in regime fiscale di vantaggio.

 

All’articolo 5 viene specificato che, nell’ambito delle attività di revisione periodiche degli Indici sintetici di affidabilità fiscale, è necessario tenere conto di analisi finalizzate alla riorganizzazione e razionalizzazione degli stessi per rappresentare adeguatamente la realtà dei comparti economici cui si riferiscono e cogliere le evoluzioni della classificazione delle attività economiche Ateco.

 

L’articolo 6 semplifica l’adempimento compilativo del Modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini degli Indici sintetici di affidabilità fiscale da parte di imprese e lavoratori autonomi, rendendo disponibili a tali contribuenti, gli elementi e le informazioni in possesso dell’Agenzia delle entrate.

 

L’articolo 8 modifica le modalità e i termini di versamento rateale delle somme dovute a titolo di saldo e di acconto delle imposte. In particolare:

  • i contribuenti potranno completare il pagamento delle imposte non più entro il mese di novembre, ma entro il 16 dicembre;

  • al fine di unificare i termini di versamento rateale stabiliti per i soggetti titolari e non titolari di partita IVA viene stabilito che entrambe le categorie di soggetti potranno effettuare i versamenti rateali entro il giorno 16 di ciascun mese.

L’articolo 9 modifica la disciplina dei versamenti minimi dell’IVA e delle ritenute sui redditi di lavoro autonomo, ampliando la soglia all’interno della
quale è possibile rimandare il versamento al periodo successivo.

 

L’articolo 11 rimodula alcuni termini di presentazione delle dichiarazioni fiscali. In particolare, viene anticipato dal 30 novembre al 30 settembre il termine per la presentazione delle dichiarazioni in materia di imposte sui redditi e di IRAP e dall’ultimo giorno dell’undicesimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, all’ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta, il termine per le dichiarazioni dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche. La norma prevede, altresì, che dall’anno 2025 le dichiarazioni in materia di imposte sui redditi, di IRAP e di IRES possono essere presentate a partire dal 1 aprile. 

 

L’articolo 13 esclude la decadenza dal beneficio dei crediti d’imposta, derivanti da agevolazioni concesse agli operatori economici, in caso di mancata indicazione in dichiarazione.

 

L’articolo 14 eleva, per i soggetti cui si applicano gli indici sintetici di affidabilità fiscale:

  • da 50.000 a 70.000 euro annui la soglia al di sotto della quale non è richiesto il visto di conformità per l’utilizzo in compensazione del credito IVA;

  • da 20.000 a 50.000 annui la soglia al di sotto della quale non è richiesto il visto di conformità, per l’utilizzo in compensazione dei crediti ai fini delle imposte dirette e dell’IRAP.

All’articolo 15 viene, poi, stabilita la semplificazione dei modelli di dichiarazione relativi alle imposte sui redditi, all’IRAP e all’IVA.

 

L’articolo 16, semplifica la dichiarazione annuale dei sostituti d’imposta. L’accesso a tale semplificazione è consentito ai sostituti d’imposta con un numero di dipendenti non superiore a 5. Le disposizioni si applicano a decorrere dai versamenti relativi alle dichiarazioni dei sostituti d’imposta dell’anno d’imposta 2025.

 

L’articolo 19, prevede che dal 2024 l’Agenzia delle entrate renda disponibile, in via sperimentale, la dichiarazione dei redditi precompilata anche ai contribuenti titolari di redditi diversi da quelli di lavoro dipendente e pensione.

 

L’articolo 20 dispone che, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, possano essere individuati i termini e le modalità mediante i quali i soggetti terzi trasmettono all’Agenzia delle entrate, oltre ai dati relativi alle spese che danno diritto a deduzioni dal reddito o detrazioni dall’imposta, anche i dati relativi ai redditi percepiti dai contribuenti, da indicare nella dichiarazione dei redditi.

 

L’articolo 21, infine, consente al contribuente di delegare gli intermediari abilitati alla presentazione delle dichiarazioni in via telematica all’utilizzo dei servizi resi disponibili dall’Agenzia delle entrate e dall’Agenzia delle entrate-Riscossione mediante la compilazione di un unico modello.

Donazione di denaro depositato su conto estero: tassazione ai fini dell’imposta di donazione

Per valutare se una donazione di denaro, depositato presso un conto corrente di un istituto di credito straniero da parte di un cittadino residente all’estero a beneficiario residente in Italia, rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta sulla donazione in Italia, bisogna valutare se il bene oggetto di donazione sia da considerare ”esistente” o meno nel territorio dello Stato (Agenzia delle entrate, risposta 12 gennaio 2024, n. 7).

I criteri di territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni sono dettati dall’articolo 2 del D.Lgs. n. 346/1990, il quale dispone che l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero. Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti.

 

In applicazione di tale disposizione, dunque, l’Agenzia delle entrate chiarisce che:

  • se il donante risulta residente in Italia, l’imposta si applica in relazione a tutti i beni o diritti trasferiti, compresi quelli esistenti all’estero;

  • se il donante risulta residente all’estero al momento della donazione, l’imposta è dovuta solamente per i beni e diritti ”esistenti” sul territorio italiano (c.d. ”principio della territorialità”).

Il comma 3, dell’articolo 2 del suddetto D.Lgs. n. 346/1990, pone, altresì, una presunzione di esistenza nel territorio dello Stato, per alcune categorie di beni, ossia, tra l’altro, per:

– le azioni o quote di società, nonché le quote di partecipazione in enti diversi dalle società, che hanno nel territorio dello Stato la sede legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale;

– le obbligazioni egli altri titoli in serie o di massa diversi dalle azioni, emessi dallo Stato o da società ed enti;

– i crediti, le cambiali, i vaglia cambiari e gli assegni di ogni specie, se il debitore, il trattario o l’emittente è residente nello Stato.

 

Pertanto, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione, relativamente agli atti formati all’estero da parte di donante non residente, occorre valutare se i beni oggetto di donazione siano da considerare ”esistenti” o meno nel territorio dello Stato.

 

Nella fattispecie in esame, l’Agenzia passa a esamina se l’oggetto della donazione, il denaro, possa essere considerato quale bene ”esistente” nel territorio dello Stato. Nello specifico, l’Agenzia ritiene che il denaro oggetto di donazione, benché destinato ad un beneficiario residente in Italia, non possa essere considerato quale bene esistente nel territorio dello Stato, posto che il donante era residente all’estero e, comunque, prima dell’atto di disposizione il denaro si trovava depositato su conto bancario di un istituto svizzero.

Di conseguenza, mancando il presupposto della territorialità, il relativo atto di donazione non rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni in Italia.

Natura previdenziale dei Piani pensionistici Self-Invested Personal Pension e International Pension Plan

L’Agenzia delle entrate ha chiarito i dubbi dell’interpellante sulla natura previdenziale dei piani Self–Invested Personal Pension e International Pension Plan (Agenzia delle entrate, risposta 11 gennaio 2024, n. 5).

L’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR dispone che costituiscono redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad essi equiparati.

Pertanto, per espressa previsione normativa, i redditi da ”pensione” sono equiparati a quelli di lavoro dipendente.

 

Nella circolare n. 21/E/2020 l’Agenzia delle entrate aveva già precisato che costituiscono redditi da ”pensione” i trattamenti pensionistici di ogni genere e di assegni ad essi equiparati erogati esclusivamente da soggetti esteri. Nel medesimo documento di prassi, si evidenziava anche come l’espressione normativa “le pensioni di ogni genere” portasse a considerare ricomprese anche tutte quelle indennità una tantum erogate in ragione del versamento di contributi e la cui erogazione può prescindere dalla cessazione di un rapporto di lavoro.

 

Con la nuova risposta n. 5/2024 viene chiarito che, in linea di principio, le prestazioni pensionistiche integrative, erogate da un fondo previdenziale professionale estero o erogate tramite una società di assicurazione estera, corrisposte in forma di capitale o rendita, a un soggetto che trasferisce la residenza nel territorio dello Stato, una volta maturato il requisito anagrafico, richiesto per l’accesso alla prestazione, devono risultare imponibili nel nostro Paese in base alla specifica Convenzione stipulata dall’Italia con il Paese della fonte, per evitare le doppie imposizioni.

Tali emolumenti sono riconducibili, in via ordinaria, secondo l’ordinamento tributario vigente in Italia, ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, che equipara ai redditi di lavoro dipendente le pensioni di ogni genere e gli assegni ad esse equiparati, in quanto alle stesse prestazioni non si applica la disciplina della previdenza complementare italiana.

 

Nel caso di specie, l’istante ritiene che le prestazioni ricevute in forza dell’adesione ai suddetti schemi pensionistici Self Invested Personal Pension (SIPP) ed International Pension Plan (IPP) siano da ricondurre a ”redditi da pensione”, di cui al citato articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR.

Al riguardo, assume rilievo la circostanza che il SIPP costituisca una forma di previdenza complementare ai sensi del diritto britannico che ha la finalità di incentivare le persone a maturare una pensione integrativa in aggiunta rispetto alla pensione statale obbligatoria al termine della propria vita lavorativa.

Per ricevere le prestazioni dal SIPP è necessario aver raggiunto l’età pensionabile minima normale o qualsiasi età minima stabilita di volta in volta dal governo. L’età minima normale di pensionamento è la prima età in cui è possibile percepire le prestazioni pensionistiche, tranne in caso di malattia, malattia grave o se si ha diritto a un’età protetta di pensionamento anticipato.

Dunque, afferma l’Agenzia, il collegamento con una precedente attività lavorativa e il diritto a percepire i proventi al raggiungimento di una determinata età pensionabile, riconducono tale schema previdenziale a quello pensionistico anche ai fini delle imposte sui redditi italiane.

 

Per quanto poi concerne la posizione detenuta nell’IPP, il Fisco sottolinea come anche in questa circostanza emerga la natura previdenziale di tale schema pensionistico, dal momento che l’istante ha il diritto a ricevere le somme maturate solo al momento del raggiungimento dell’età pensionabile e dopo avere terminato la propria attività lavorativa per il datore di lavoro.

 

Sulla base di tali considerazioni, quindi, l’Agenzia ritiene che le eventuali distribuzioni ricevute dall’istante, da entrambi gli schemi previdenziali, siano da ricondurre ai redditi di cui all’articolo 49, comma 2, lettera a), del TUIR, mentre eventuali redditi e/o plusvalenze derivanti dalla gestione dei beni detenuti in tali schemi pensionistici non costituisce reddito imponibile.

I punti principali del Decreto su Superbonus, cessione del credito e barriere architettoniche

Il D.L. 29 dicembre 2023, n. 212, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2023, n. 302, porta con sé importanti novità in merito alle agevolazioni fiscali di cui agli articoli 119, 119-ter e 121 del D.L. n. 34/2020.

Il nuovo Decreto è composto da 4 articoli così suddivisi:

  • Disposizioni in materia di bonus nel settore dell’edilizia (Articolo 1);

  • Opzione per la cessione o per lo sconto in luogo delle detrazioni fiscali e misure relative agli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici (Articolo 2);

  • Revisione della disciplina sulla detrazione fiscale per l’eliminazione delle barriere architettoniche (Articolo 3);

  • Entrata in vigore (Articolo 4).

Secondo il primo articolo del D.L. n. 212/2023 le detrazioni spettanti per gli interventi di cui all’articolo 119, D.L. n. 34/2020 (del 110% o del 90%), per i quali è stata esercitata l’opzione per lo sconto in fattura/cessione del credito sulla base di stati di avanzamento dei lavori effettuati fino al 31 dicembre 2023 non sono oggetto di recupero in caso di mancata ultimazione dell’intervento stesso, ancorchè tale circostanza comporti il mancato soddisfacimento del requisito del miglioramento di due classi energetiche previsto dal comma 3 del medesimo articolo 119 del D.L. n. 34/2020.

 

L’articolo 1, comma 2, inoltre, prevede un contributo:

– per i proprietari con reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro (determinato ai sensi dell’articolo 119, comma 8-bis .1, del Decreto Rilancio);
– sulle spese sostenute dal 1 gennaio 2024 al 31 ottobre 2024 in relazione agli interventi che entro la data del 31 dicembre 2023 abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60%.

 

L’articolo 2 del nuovo Decreto, poi, stabilisce che a partire dalla data di entrata in vigore del D.L. n. 212/2023, l’utilizzo della cessione del credito o dello sconto in fattura sia possibile esclusivamente in relazione agli interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici per i quali, in data antecedente a quella di entrata in vigore del Decreto, risulti presentata la richiesta di titolo abilitativo per l’esecuzione dei lavori edilizi.

 

Oltre ciò, i contribuenti che usufruiscono dei benefici di cui all’articolo 119, comma 8-ter, del D.L. n. 34/2020 in relazione a spese per interventi avviati successivamente alla data di entrata in vigore del D.L. n. 212/2023 hanno l’obbligo di stipulare, entro un anno dalla conclusione dei lavori, contratti assicurativi a copertura dei danni causati agli immobili da calamità naturali ed eventi catastrofali verificatisi sul territorio nazionale.

 

Infine, l’articolo 3 del D.L. n. 212/2023 revisiona la disciplina sulla detrazione fiscale per l’eliminazione delle barriere architettoniche (bonus 75%).

In particolare all’articolo 119-ter del Decreto Rilancio sono apportate le seguenti modificazioni:

  • Ai fini della determinazione delle imposte sui redditi, ai contribuenti è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute fino al 31 dicembre 2025, per la realizzazione in edifici già esistenti di interventi volti all’eliminazione delle barriere architettoniche aventi ad oggetto esclusivamente scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici;

  • Viene espressamente previsto il rispetto dei requisiti di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, mediante apposita asseverazione rilasciata da tecnici abilitati;

  • Viene abrogato il comma 3.

All’articolo 2, comma 1-bis, del D.L. n. 11/2023 sono invece apportate le seguenti modificazioni:

– le opzioni potranno essere applicate sulle spese sostenute fino al 31 dicembre 2023;

– la suddetta limitazione non si applica alle opzioni relative alle spese sostenute successivamente al 31 dicembre 2023, da:

  • condomini, in relazione a interventi su parti comuni di edifici a prevalente destinazione abitativa;

  • persone fisiche, in relazione a interventi su edifici unifamiliari o unità abitative site in edifici plurifamiliari, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro. Il requisito reddituale non si applica se nel nucleo familiare del contribuente è presente un soggetto in condizioni di disabilità accertata ai sensi dell’articolo 3 della Legge n. 104/1992.

Sarà possibile continuare ad utilizzare lo sconto in fattura/cessione del credito limitatamente alle spese sostenute in relazione agli interventi per i quali in data antecedente al 30 dicembre 2023:

– risulti presentata la richiesta del titolo abilitativo, ove necessario;

– per gli interventi per i quali non è prevista la presentazione di un titolo abilitativo, siano già iniziati i lavori oppure, nel caso in cui i lavori non siano ancora iniziati, sia già stato stipulato un accordo vincolante tra le parti per la fornitura dei beni e dei servizi oggetto dei lavori e sia stato versato un acconto sul prezzo.